La strada che nacque due volte: da quartiere aristocratico a simbolo dimenticato di Catania

A Catania c’è una via che rinacque dalle ceneri dell’eruzione del 1669, cambiando volto e storia alla città.

22 novembre 2025 12:00
La strada che nacque due volte: da quartiere aristocratico a simbolo dimenticato di Catania - Foto: GCR10/Wikipedia
Foto: GCR10/Wikipedia
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Un cuore antico sotto la città nuova

Nel centro di Catania, dove oggi il traffico corre tra palazzi, studenti e botteghe, si nasconde una strada che racconta due città sovrapposte: quella antica, sepolta dalle lave del 1669, e quella barocca, ricostruita subito dopo il terremoto del 1693.

Questa arteria fu il perno dell’espansione medievale: lungo di essa si ergevano monasteri, chiese e palazzi nobiliari che segnavano la linea vitale dell’abitato. Dopo la distruzione seicentesca, la via si trasformò nel collegamento principale tra la zona universitaria, la cittadella benedettina e i quartieri popolari.

Oggi, attraversarla significa camminare dentro un archivio a cielo aperto: basoli lavici, prospetti scrostati, portali tardo-barocchi e persino tracce di epoca romana riaffiorano fra le mura. È una via che unisce sacralità e quotidiano, dove le ombre del passato si mescolano alla vita contemporanea di studenti e residenti.

Dove il tempo ha stratificato secoli di vita

Tra le architetture che ne punteggiano il percorso spiccano la Chiesa di Sant’Agata al Carcere, legata al martirio della santa, e la Chiesa di San Nicolò l’Arena, col suo profilo imponente che domina la zona universitaria.

Più in alto, il Monastero dei Benedettini — oggi sede dell’Università di Catania — è la testimonianza di come il quartiere si sia reinventato, trasformando gli spazi sacri in luoghi di cultura e ricerca. Ogni isolato conserva una parte della vecchia topografia cittadina, con resti di strade inglobate nelle ricostruzioni post-eruttive.

Passeggiando lungo questo asse, si percepisce il respiro profondo della città: un luogo in cui il tempo sembra fermarsi e ripartire di continuo, mentre la pietra lavica ricorda la forza distruttrice e rigeneratrice dell’Etna.

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