Il cuore che batte da secoli sotto l’Etna: il salotto popolare che ha cambiato volto a Catania
Piazza Cavour, il “Borgo” di Catania. La piazza che da secoli segna il confine tra storia, popolo e la lunga via Etnea.
Tra passato e respiro urbano
Nel linguaggio di Catania la chiamano “u Buggu”, parola che evoca un’identità precisa, fatta di popolo, mercati e incontri.
Piazza Cavour, a circa due chilometri dal Duomo, segna il passaggio tra il centro barocco e la zona popolare del Borgo, dove la città mostra il suo volto più autentico.
Sorge sul tracciato della via Etnea, la lunga spina dorsale che collega il cuore di Catania con le pendici dell’Etna. La piazza si apre come un respiro ampio, un crocevia di vita urbana e storia. Fu progettata nell’Ottocento, dopo le grandi ricostruzioni post-sisma, e divenne rapidamente il cuore pulsante della Catania borghese e popolare.
Attorno, si allineano palazzi eleganti, botteghe storiche, bar e portici, che ancora oggi mantengono intatta l’atmosfera di un tempo. Al centro, la Fontana di Cerere — simbolo di fertilità e abbondanza — domina lo spazio con la figura della dea romana, circondata da putti e giochi d’acqua.
Il “Borgo” e la vita che scorre
Ma Piazza Cavour è molto più di una composizione urbanistica. È un luogo che racconta la città viva, fatta di incontri e memoria.
Qui un tempo arrivavano le carrozze dirette alle vigne di Piazza Borgo, quando il confine tra la città e la campagna era ancora netto.
Con il passare dei decenni, l’area divenne un punto di riferimento per la vita sociale dei catanesi. Gli edifici che la circondano conservano tracce di stili diversi: neoclassico, liberty, tardo-ottocentesco. In estate, il profumo degli agrumi si mescola al traffico e alle voci dei ragazzi che attraversano la piazza dopo la scuola.
Piazza Cavour è anche un luogo simbolico: rappresenta la soglia tra il Catania nobile e quello popolare, tra la monumentalità delle chiese barocche del centro e i quartieri vivi e caotici del Borgo. Ogni pietra del selciato sembra raccontare la resilienza della città, capace di rinascere più volte, anche dopo le eruzioni e i terremoti che ne hanno riscritto il volto.
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