Le salinelle di San Biagio | I vulcani dimenticati dai catanesi che ribollono da millenni
Alle porte di Catania esistono piccoli vulcani che ribollono fango da secoli: le salinelle di San Biagio sono un mistero naturale da scoprire.

Un fenomeno vulcanico unico alle porte di Catania
Nel territorio di Paternò, a pochi chilometri da Catania, esiste un luogo che sembra appartenere a un altro pianeta: le salinelle di San Biagio. Si tratta di un raro esempio di vulcanismo secondario, in cui il gas proveniente dal sottosuolo spinge verso l’esterno fango, acqua salmastra e sostanze minerali. Il risultato? Piccoli coni fangosi che ribollono costantemente, creando un paesaggio lunare nel cuore della Sicilia.
Queste salinelle si trovano nel quartiere San Biagio di Paternò, in una conca naturale ai piedi dell’Etna, in un’area storicamente soggetta a fenomeni di risalita gassosa. Non si tratta di vere eruzioni laviche, ma di emissioni superficiali di metano, anidride carbonica e altri gas, che, combinandosi con acque sotterranee, creano crateri fangosi in continua attività.
Le salinelle e il legame con l’Etna
Il collegamento con l’Etna è diretto: le salinelle fanno parte della dinamica tettonica dell’intero sistema etneo. I movimenti sotterranei e la pressione esercitata dai gas profondi trovano in quest’area una via di sfogo, creando manifestazioni vulcaniche “fredde”, dove il protagonista è il fango, e non la lava.
Esistono due aree principali di salinelle: quelle di San Biagio e quelle più vaste e famose di Contrada Salinelle, a sud della città di Paternò. Entrambe sono testimonianza della vulcanicità “nascosta” che caratterizza l’intera fascia pedemontana etnea.
Un ecosistema da proteggere
Oltre al fascino geologico, le salinelle rappresentano anche un habitat naturale molto particolare. L’ambiente salmastro e ricco di minerali ha favorito la crescita di specie vegetali adattate a condizioni estreme, tanto da essere considerate un sito di interesse biologico.
Negli ultimi anni, tuttavia, il sito ha rischiato l’abbandono e il degrado a causa della mancanza di tutela e valorizzazione. Solo da poco si è tornati a parlare della necessità di includerlo in percorsi turistici e didattici per farne un patrimonio naturalistico a disposizione della comunità catanese.