Il mistero sanguinoso che macchiò l’Unità d’Italia alle pendici dell’Etna
La rivolta di Bronte del 1860, episodio sanguinoso e controverso della storia unitaria, tra speranze tradite e giustizia sommaria.


Un fuoco di speranze alle pendici dell’Etna
Quando nel 1860 Giuseppe Garibaldi sbarcò in Sicilia con i suoi Mille, la popolazione contadina sperava in una svolta epocale. A Bronte, paese alle pendici dell’Etna, l’entusiasmo per la promessa di riforme agrarie e libertà si trasformò presto in un fuoco incontrollabile. La tensione sociale era altissima: i braccianti attendevano la distribuzione delle terre appartenute ai Borboni e agli ordini religiosi, mentre i proprietari terrieri difendevano con forza i propri privilegi.
La situazione esplose a fine luglio 1860: saccheggi, incendi e violenze travolsero il paese. Case di notabili furono assaltate, la popolazione si divise tra fazioni contrapposte e il sangue cominciò a scorrere lungo le strade. Bronte, nel cuore della provincia di Catania, diventò in poche ore il simbolo delle contraddizioni della nascente Italia unita.
L’arrivo di Nino Bixio e la repressione implacabile
Per ristabilire l’ordine, Garibaldi inviò a Bronte il suo fidato generale Nino Bixio, che giunse con un manipolo di uomini il 5 agosto 1860. La sua azione fu rapida e spietata: un tribunale militare improvvisato condannò a morte cinque cittadini, giustiziati subito senza possibilità di difesa. Decine di altri furono arrestati o deportati.
Quella che doveva essere la liberazione dei ceti più poveri si trasformò in una repressione esemplare, pensata per placare le tensioni e impedire il diffondersi di rivolte simili in altri centri siciliani. La memoria di quelle giornate rimase incisa a fuoco nella coscienza collettiva: da un lato la delusione dei contadini, dall’altro il marchio infamante di un episodio di violenza interna al movimento garibaldino.
Un’ombra sulla nascita dell’Italia e la curiosità finale
La rivolta di Bronte resta uno degli episodi più controversi del Risorgimento. Alcuni storici la vedono come l’espressione di una ribellione spontanea dei contadini esasperati, altri come il frutto di manipolazioni da parte di interessi locali. Di certo, mise in luce le contraddizioni tra gli ideali proclamati dai Mille e la realtà di una popolazione che rimase esclusa dai benefici dell’Unità.