Punto fermo nel cuore di Catania: lo noti da lontano e ci passi davanti ogni giorno
A Catania, un edificio maestoso nasconde più di processi e sentenze: è il Palazzo di Giustizia, il cuore silenzioso della città.
Un colosso di pietra e di storia
Chi passa per piazza Giovanni Verga si trova davanti a una massa di pietra chiara e finestre solenni: è il Palazzo di Giustizia di Catania, una presenza che domina senza alzare la voce.
Lo si nota da lontano, ma pochi sanno cosa rappresenti davvero. Non è soltanto il luogo dove si amministrano le cause e si pronunciano sentenze, ma un edificio che racconta un pezzo della Catania del dopoguerra, quella che cercava di rialzarsi e ridisegnare la propria immagine.
Il palazzo, progettato dall’architetto Salvatore Caronia Roberti e completato negli anni Sessanta, nacque in un momento in cui la città aveva bisogno di simboli solidi, capaci di restituire fiducia in un’epoca incerta. Il risultato fu una costruzione imponente, ma non opprimente: una facciata che sembra respirare la luce, colonne che danno ritmo, e un interno che unisce funzionalità e sobrietà.
Dentro, le grandi aule si alternano a corridoi lunghi, dove il passo di chi attende un’udienza si confonde con il ronzio sommesso degli impiegati. Ogni piano è un piccolo mondo, con la vita che scorre lenta dietro porte chiuse.
Un punto fermo nel cuore della città
Nel corso dei decenni, il Palazzo di Giustizia è diventato una bussola urbana. Attorno a lui si sono mossi studi legali, bar, librerie giuridiche, uffici pubblici.
Tutto sembra ruotare attorno a quel corpo massiccio, come se la città avesse trovato lì un suo baricentro. E non è un caso: la scelta di collocarlo proprio in piazza Verga, nel cuore moderno di Catania, rispondeva al desiderio di unire la città storica a quella che cresceva verso nord, tra viali alberati e nuovi palazzi.
Chi entra oggi al Palazzo di Giustizia percepisce la distanza tra il brusio della città e il silenzio delle aule. È un contrasto netto, quasi simbolico: fuori la vita che corre, dentro il tempo che si ferma, mentre si cerca una verità.
Nel suo linguaggio di pietra e vetro, l’edificio custodisce la dignità di chi crede ancora nel peso delle parole, nell’equilibrio fra legge e coscienza.
16.5°