L'incredibile chiesa etnea tra la lava e la storica devozione di un intero paese
A Pedara, ai piedi dell’Etna, una basilica nata da un voto collettivo sfidò la lava e il tempo. La storia di Santa Caterina d’Alessandria.
Quando la fede sfidò il vulcano
C’è un luogo, nel cuore di Pedara, dove la pietra lavica non racconta solo distruzione ma anche speranza. È la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, un edificio che sembra respirare insieme all’Etna, come se ogni colata, ogni tremore, avesse scolpito la sua forma.
La storia vuole che i pedaresi, spaventati dalle eruzioni che minacciavano il paese, decisero di innalzare una chiesa in onore della santa egiziana. Non era una semplice costruzione: era un voto, una promessa fatta guardando il cielo, chiedendo protezione contro il vulcano.
Le prime notizie risalgono al XVII secolo, ma la chiesa attuale è il risultato di secoli di modifiche e ricostruzioni. Dopo il terremoto del 1693, che devastò gran parte della Sicilia orientale, anche Pedara dovette rinascere dalle macerie. E così la basilica prese la forma che conosciamo oggi: una facciata barocca sobria, costruita con blocchi di pietra nera, che la luce del pomeriggio rende quasi argentea.
Una pietra che parla di popolo e di resistenza
Entrando, si avverte subito che non è solo un luogo di culto. È un simbolo di identità per chi vive ai piedi dell’Etna. Le navate si aprono verso un presbiterio che custodisce statue e tele dedicate alla santa, protettrice di chi non si arrende. Ogni dettaglio racconta la pazienza e la fede di una comunità che ha imparato a convivere con la forza della natura.
Nel corso dei secoli la chiesa è stata restaurata più volte, ma senza mai perdere la sua anima. Gli abitanti l’hanno difesa da terremoti, crolli, e perfino da un’eruzione che nel 1792 arrivò a lambire le campagne circostanti. Lì dove molti avrebbero visto la fine, Pedara vide una conferma: Santa Caterina li aveva protetti ancora una volta.
Oggi la basilica domina la piazza principale. Le campane scandiscono le ore di un paese che, pur cambiando, non ha mai smesso di guardare verso quel portale. Chi passa di lì, anche distrattamente, si ferma un attimo a guardare in alto. È un gesto quasi automatico, come se bastasse uno sguardo per sentirsi parte di una storia più grande.
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