Il mistero di Paternò: la costruzione che racconta una storia più antica del paese stesso
La chiesa di Santa Maria della Valle di Josaphat, a Paternò, svela un passato remoto tra fede, lava e architetture medievali uniche.
Il silenzio antico che accompagna un luogo fuori dal tempo
Nella campagna che abbraccia Paternò, lontano dal rumore delle strade e dai ritmi moderni, esiste un luogo che sembra non voler dire nulla, eppure parla da solo. La chiesa di Santa Maria della Valle di Josaphat, isolata e circondata da terreni che cambiano colore secondo le stagioni, è uno dei siti medievali più particolari della Sicilia orientale. La sua presenza è discreta: un volume severo, geometrico, fatto di pietra lavica e linee essenziali che richiamano un’architettura sobria, quasi monastica.
È una chiesa che non vuole stupire con decorazioni o ricami, ma con la sua forza. Le origini risalgono ai secoli centrali del Medioevo, quando l’area venne scelta per fondare un piccolo complesso benedettino. La scelta non fu casuale: il luogo era tranquillo, lontano dalle tensioni dei centri abitati, adatto alla preghiera e alla vita ritirata. Eppure, c’è qualcosa che colpisce chi la osserva per la prima volta: sembra quasi che la chiesa sia emersa dalla terra, come se il paesaggio stesso l’avesse generata.
Il suo nome, “Valle di Josaphat”, richiama addirittura un’antica tradizione biblica, un riferimento che i monaci medievali usarono forse per sottolineare il carattere sacro e separato di questo luogo. Una scelta simbolica, che aggiunge profondità a una costruzione che già da sola sembra appartenere a un’altra epoca.
Pietra lavica, forme essenziali e una storia rimasta integra
A differenza di molte altre chiese medievali della zona etnea, Santa Maria della Valle di Josaphat colpisce per la purezza della sua architettura. È costruita con blocchi di pietra lavica che raccontano in silenzio la storia geologica del territorio: qui l’Etna è vicino, e la sua presenza ha sempre condizionato tutto, dalla vita dei campi alla scelta dei materiali.
L’edificio presenta un’unica navata, coperta da una volta a botte che ancora oggi mantiene una solidità sorprendente per la sua età. L’abside semicircolare, semplice e priva di ornamenti, crea un punto di luce che interrompe la severità del resto della struttura. L’assenza di decorazioni non è una mancanza, ma una dichiarazione: la chiesa non cerca il superfluo, punta all’essenziale.
La vera particolarità, però, è il modo in cui l’edificio si innesta nel paesaggio. Non c’è un eccesso di restauri, né interventi che ne abbiano snaturato la forma originaria. La chiesa è rimasta così com’era, un frammento autentico di Medioevo sopravvissuto a secoli di cambiamenti, terremoti, eruzioni e trasformazioni agricole. Chi arriva qui spesso rimane colpito da un senso di sospensione, come se il tempo non fosse mai davvero passato.
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