Il micro-palazzo che sfida le regole: a Catania si nasconde una curiosità liberty
A Catania, un micro-palazzo liberty del 1909 su via Manzoni, addossato alla Collegiata, cela una curiosità documentata e una storia sorprendente.
Un negozio grande come un’idea
Nel cuore di Catania, a due passi dall’asse di via Etnea, sopravvive un micro-edificio liberty che pare nato per smentire ogni proporzione del centro storico: un antico esercizio commerciale incastrato in via Manzoni 95, letteralmente addossato all’abside della Basilica della Collegiata. Non è un aneddoto, è un fatto: nel 1909 l’architetto Tommaso Malerba firma un progetto floreale in cui il lessico dell’Art Nouveau si riduce all’essenziale e si concentra in pochi metri di facciata. L’effetto, oggi come allora, è quello di una “scatola gioiello” capace di dialogare con il barocco circostante senza soccombere: un contrappunto moderno incuneato tra i pieni monumentali della città ricostruita dopo il 1693.
Guardarlo significa leggere Catania in scala 1:1. Dove il barocco alza quinte e prospetti, questo negozio condensa: adotta il segno libero e floreale del Liberty cittadino e lo appoggia alla coda sacra di una basilica, in un innesto che racconta convivenze urbane impensabili altrove.
E proprio in questa coabitazione—bottega civile contro abside religiosa—sta la sua forza narrativa: un frammento moderno che non chiede spazio, lo ritaglia. Per questo il piccolo manufatto è diventato tappa d’obbligo per chi indaga le architetture minori: mostra come Malerba, tra i protagonisti del Liberty a Catania, sappia piegare il linguaggio decorativo al contesto, miniaturizzandolo senza tradirne il senso.
Qui non servono scale monumentali o corti scenografiche: basta una vetrina, un fregio, una cornice capace di spingere l’occhio a guardare in verticale, contro l’abside della Collegiata, e in orizzontale, lungo la griglia del centro storico. Così il negozio diventa indice: segnala la sovrapposizione disciplinata di epoche e stili che ha fatto di Catania un manuale all’aperto.
Perché questa “micro-architettura” conta davvero
La domanda è semplice: perché un negozio di pochi metri merita un posto nel canone cittadino? Primo: perché documenta come il Liberty catanese non sia solo ville e palazzi di rappresentanza, ma anche esercizi di scala minuta, in cui il dettaglio—più che l’impianto—porta il peso della modernità. Secondo: perché il rapporto fisico con la Collegiata non è un accidente, è scelta di progetto.
Quel “appoggio” all’abside racconta una mediazione millimetrica tra la città sacra e la città commerciale, tipica dei centri stratificati: un confine poroso dove il 900 si innesta sul 700 e il tessuto minuto regge l’urto dei grandi monumenti. Terzo: perché Malerba—che nella Catania tra Otto e Novecento dissemina linguaggi floreali, neomoreschi, modernisti—qui condensa una poetica del bordo: niente retorica, niente gigantismi, solo precisione urbana.
In una stagione in cui la città cresce e si aggiorna, Negozio e Collegiata diventano coppia didattica: il barocco come memoria strutturale, il liberty come innesto puntuale. Ed è proprio questa didattica dell’accostamento a rendere la bottega un caso di studio: proporzioni ridotte, lessico floreale dichiarato, relazione critica con l’intorno.
Chi osserva il prospetto capisce come il Novecento a Catania non cancelli, ma accosti; non rimuova, ma rifinisca. E capisce anche che la città metropolitana non si riconosce solo nei grandi teatri o nei palazzi nobiliari, ma in micro-architetture che salvano margini, chiudono vuoti, danno misura al quotidiano. In questo senso il piccolo negozio è grande: fa spazio alla modernità senza alzare la voce, riutilizza il bordo ecclesiastico come quinta e afferma che la qualità urbana può stare in un dettaglio tanto quanto in una piazza.
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