Bancarotta fraudolenta e associazione mafiosa, così operava un imprenditore catanese

Finanzieri del comando provinciale di Catania hanno posto agli arresti domiciliari Giuseppe Consolo nell’ambito di un’inchiesta su bancarotta fraudolenta, patrimoniale e documentale. Nei...

A cura di La Redazione
26 luglio 2022 05:55
Bancarotta fraudolenta e associazione mafiosa, così operava un imprenditore catanese
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Finanzieri del comando provinciale di Catania hanno posto agli arresti domiciliari Giuseppe Consolo nell’ambito di un’inchiesta su bancarotta fraudolenta, patrimoniale e documentale. Nei suoi confronti è stato eseguita un’ordinanza del Gip, emessa su richiesta della Procura, che ipotizza anche l’aggravante di avere favorito l’associazione mafiosa Pillera-Puntina.

Al centro delle indagini del nucleo di Polizia economico-finanziaria delle Fiamme gialle la società fallita “T. C. Impianti’ di Catania operante nel settore della installazione degli impianti di telecomunicazioni. Il rappresentante legale, Francesco Marino, e i soci e amministratori di fatto della società, Giovanni Consolo e Massimo Scaglione, sono già stati raggiunti da misure cautelari personali e reali eseguite lo scorso maggio dalla guardia di finanza

Gli approfondimenti del nucleo Pef hanno consentito, scrive la Procura, – nell’attuale fase del procedimento, in cui non si è pienamente realizzato il contraddittorio con le parti – di evidenziare che “Giuseppe Consolo, anch’egli individuato come amministratore di fatto della società fallita, assieme agli altri indagati avrebbe avuto presunte condotte distrattive del patrimonio aziendale“. E in particolare con “la cessione a prezzo ritenuto non congruo del ramo d’azienda della “Tc. Impianti” a favore di una nuova società appositamente costituita, “Easytel”, che di fatto, è la tesi dell’accusa, ne ha continuato l’attività imprenditoriale”. Inoltre, è accusato di “avere cagionato il dissesto della “T.C. Impianti” con operazioni dolose, tra le quali il presunto, sistematico omesso pagamento dei debiti tributari” e “finalizzate a creare pregiudizio ai creditori”. Le indagini della Guardia di finanza, si sottolinea dalla Procura, che “hanno valorizzato anche le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, hanno inoltre permesso di evidenziare che le citate condotte sarebbero state poste in essere al fine di agevolare le attività criminali del clan Pillera-Puntina“.

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