Perché Orazio Di Grazia pedalava giorno dopo giorno? La vera (incredibile) storia
L'amore impossibile di Orazio Di Grazia: il cuore del vecchietto con la bici si svela. Un racconto toccante di sacrificio e dedizione.
Orazio Di Grazia, Chi era il Vecchietto in Bici?
A volte capita di immaginarlo ancora mentre sale verso Nicolosi spingendo la sua bici carica, quel vecchietto che, per tantissimi anni, ha incuriosito i passanti e li ha spinti a chiedersi chi fosse e perché faticasse tanto.
Quel vecchietto in bici era Orazio Di Grazia, un contadino nato a Linera (una frazione di Santa Venerina) nel 1923 e morto a Nicolosi nel 2008, divenuto un personaggio noto a tutti per la costanza e la forza di volontà con le quali ogni giorno saliva da Catania in bici per recarsi nel suo orto etneo e trasportare i frutti che lui stesso coltivava, raccoglieva e vendeva in paese.
Cresciuto con altri 5 fratelli, Orazio iniziò a lavorare quando aveva solo 8 anni, consegnando il latte porta a porta: fu grazie a questo suo lavoretto, che riuscì a racimolare i soldi per comprare i pezzi della sua prima bicicletta, dalla quale si dovette separare per partecipare prima alla Grande guerra e accettare dopo un lavoro come finanziere presso Bolzano. Quando fece ritorno a Catania, decise di acquistare il piccolo appezzamento di terreno di Nicolosi, al quale si dedicò fino alla sua morte, avvenuta a 85 anni.
Sotto la pioggia o il Sole cocente, con il rigido freddo o con il forte caldo, Orazio Di Grazia non ha mai perso un solo giorno e quotidianamente, sin dalle prime luci dell’alba, faceva capolino vicino il centro, a Barriera o al Fasano, tagliando per Gravina di Catania, Mascalucia e arrivando infine a Nicolosi, sempre a testa china verso l’asfalto, senza chiedere mai un passaggio e fermandosi solo per ristorarsi un attimo e ripartire più carico di prima. Anche dopo un piccolo incidente che lo ha coinvolto e gli ha procurato una ferita al braccio, il vecchietto con la bici si è rialzato e fasciandosi con un pezzo di stoffa è ripartito come se non fosse accaduto nulla.
Ma sai perché Orazio Di Grazia spingeva la sua vecchia e carica bici?
Ecco qui il vero motivo!
Orazio Di Grazia, perché Faticava Tanto?
Per tanto tempo, in molti si sono chiesti cosa ci fosse in quella cassetta di plastica rossa ricoperta da un telo bianco e tenuta salda alla bici da tiranti corde, che con tanta attenzione il noto “vecchietto del vulcano” portava sul retro della sua bici. Ma forse pochi si sono fermati per chiederglielo direttamente e per offrirgli un passaggio, che di sicuro lui avrebbe rifiutato.
Perché per Orazio Di Grazia “la bicicletta è libertà, nessuno può capire, è l’unica cosa di cui ho assoluto bisogno, è un impulso più forte di me, è la mia vita. Io ho la bicicletta, la strada, il cielo, il vento e il resto non conta” come lui stesso ha affermato. La sua missione giornaliera doveva essere portata a termine ad ogni costo, faticosamente sì, ma soprattutto con dignità e tanto silenzio. Il vecchietto con la bici, provvisto di stivali di gomma, di una lunga impermeabile usurata e sopra di essa di un giubbotto catarifrangente arancione, non parlava quasi mai e procedeva incessantemente a bordo della strada curvo a 90°, spingendo la sua bici all’alba fino al suo appezzamento di terreno sito al confine tra Mascalucia e Nicolosi e la sera, quando faceva ritorno a Catania, dove era costretto a vivere dopo che gli fu bruciata la casetta nel suo amato podere.
A chi gli chiedeva che cosa trasportasse nel suo carico, Orazio di Grazia rispondeva che “portava patate e altra verdura” che raccoglieva nel suo terreno limitrofo al Cimitero nicolosita, acquistato da lui stesso una sessantina di anni prima della sua morte e che ha sempre sentito “il dovere di lavorarlo come si travagghiava ‘na vota”, “salendo fino a lì per fare un poco di lavoro e passare a iunnata”.
Ed è vero infatti che a 85 anni Orazio Di Grazia lavorava con la stessa “disinvoltura” di quando aveva vent’anni, senza sentire “di aver fatto tutta la strada”, ma anzi come rivelò lui stesso ad una cronista, riuscendo a sentire “negli ultimi due chilometri un poco di sollievo”. Lui che nella sua semplice, ma intensa vita ha fatto più strada con la bicicletta di un corridore professionista, tanto da “aver fatto 14 volte il giro del mondo da semplice contadino” e da fare “in sei mesi un anno di travagghiu”. Il tutto senza fretta, perché l’importante è fare il proprio dovere!
Ma non è finita qui. Prosegui la lettura!
Il Vecchietto della Bici, un Modello da Seguire
Nel suo documentario “La bici sotto il vulcano”, Alessandro Marinaro ha messo a nudo il cuore del vecchietto con la bici, spingendolo a raccontare la storia del suo amore impossibile per la sua amata Graziella. Sembra infatti che l’uomo che a tutti appariva ritroso e a volte scorbutico si fosse innamorato di una ragazza, costretta però dal padre a sposare un suo cugino e a pensare che il suo più grande amore fosse morto in guerra. Come lo stesso Orazio ha raccontato, Graziella ha sacrificato la sua vita per lui, visto che, scoprendo che in realtà non fosse morto, decise di non mangiare più e di lasciarsi morire ancora giovane. Il ricordo del suo primo ed unico amore non lasciò mai il vecchietto con la bici, che taciturno e solitario ha dedicato la sua intera vita e il suo lavoro proprio a quella donna.
I suoi sacrifici e la sua dedizione non sono però rimasti vani, ma anzi sono ricordati ogni anno da numerose associazioni ciclistiche territoriali attraverso manifestazioni dedicate al nome di Orazio Di Grazia. E sono proprio le qualità del vecchietto con la bici che offrono un modello da seguire e da tenere a mente, soprattutto quando si preferisce dire che “lavoro non ce n’è” o quando non si conosce il vero valore di ciò che si possiede.