La voce che arrivò dal sottosuolo: il mistero inciso nella pietra che ancora inquieta Catania

A Catania, un’epigrafe romana riemerge dal passato. Il messaggio di Iulia Florentina continua a sfidare il tempo e la memoria.

03 dicembre 2025 21:00
La voce che arrivò dal sottosuolo: il mistero inciso nella pietra che ancora inquieta Catania - Foto: Cfr. AA. VV. Agata santa. Storia, arte, devozione. 2008, Milano Giunti/Wikipedia
Foto: Cfr. AA. VV. Agata santa. Storia, arte, devozione. 2008, Milano Giunti/Wikipedia
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Una scoperta che riaprì le porte dell’antica Catania

Nel cuore di Catania, tra le rovine che raccontano la città romana sepolta da secoli di storia, riemerse una lapide marmorea che lasciò gli studiosi senza parole.

Era l’Epigrafe di Iulia Florentina, un’iscrizione funeraria latina datata tra il I e il II secolo d.C., scoperta durante i lavori di scavo nei pressi dell’Anfiteatro romano. L’incisione, ancora perfettamente leggibile, riportava parole di una commozione rara per il mondo latino: una madre che piange la figlia, Iulia Florentina, morta giovanissima, e che attraverso la pietra cerca di salvarne il nome dall’oblio.

Nel testo, la delicatezza dell’addio si unisce alla precisione epigrafica: il latino è scolpito con eleganza, segno di un ambiente colto e benestante, forse appartenente all’élite cittadina di Catana. La lapide rappresenta una delle più antiche testimonianze epigrafiche rinvenute nella zona, e la sua conservazione, per secoli sepolta sotto le stratificazioni urbane, la rese quasi una voce dimenticata nel ventre della città.

Un frammento che racconta più di una vita

La storia di Iulia Florentina non è solo quella di una giovane scomparsa, ma la finestra su un mondo che, nel silenzio, tramanda riti, affetti e paure.

Le epigrafi romane avevano spesso un tono solenne, ma qui emerge qualcosa di più umano: una madre che non si limita a celebrare la figlia, ma dialoga con la morte stessa, quasi invocando una risposta. Il testo, inciso con cura su marmo locale, mostra anche una formula votiva che indica la fede nei culti funebri della Catania imperiale.

Gli archeologi riconobbero nell’epigrafe un documento prezioso per comprendere la vita quotidiana delle famiglie romane in Sicilia: nomi, formule linguistiche e perfino il tipo di pietra usata dicono molto della società etnea del tempo.

Oggi la lastra è conservata al Museo Civico di Castello Ursino, insieme ad altri reperti provenienti dal sottosuolo cittadino. E davanti a quelle lettere, nitide dopo quasi duemila anni, la sensazione è la stessa che colpì i primi scopritori: una voce che non voleva più tacere.

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