Un viaggio che sconvolgerà la tua idea di storia, la verità inaspettata su San Michele Arcangelo a Catania

Scopri la chiesa di San Michele Arcangelo a Grammichele, ricostruita dopo il sisma, cupola da 39 m e una storia (vulcanica!) sorprendente.

A cura di Paolo Privitera
11 agosto 2025 15:00
Un viaggio che sconvolgerà la tua idea di storia, la verità inaspettata su San Michele Arcangelo a Catania - Foto: Ben21/Wikipedia
Foto: Ben21/Wikipedia
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Radici post‑sismiche e simbolo della rinascita catanese

La Chiesa Madre di San Michele Arcangelo è il cuore pulsante della rinascita urbana e spirituale di Grammichele, in provincia di Catania. Dopo il devastante terremoto del 1693, che rase al suolo l’antica Occhiolà, il principe Carlo Maria Carafa Branciforte decise di costruire una nuova città, unica in Europa per la sua pianta esagonale perfetta. Al centro di questo disegno geometrico fu posta la chiesa madre, i cui lavori iniziarono nel 1724 su progetto dell’architetto Andrea Amato, e la cui consacrazione avvenne nel 1757.

Questa scelta urbanistica e religiosa non fu casuale: San Michele, invocato come protettore dai terremoti, fu scelto come patrono per la sua simbologia di guerriero celeste, in grado di sconfiggere il male e proteggere le nuove fondamenta della città. Il trasferimento degli abitanti da Occhiolà a Grammichele avvenne in modo ordinato, e la chiesa diventò da subito simbolo di rinascita e coesione, fortemente legata anche alla popolazione catanese, anch'essa colpita dal sisma e partecipe alla ricostruzione del territorio.

Architettura scenografica e cupola imponente

L’edificio presenta una facciata tripartita, in stile tardo-barocco con influssi dorico-siciliani, arricchita da volute laterali, finestre ad arco e un portale in pietra calcarea chiara che contrasta con l’intonaco bruno tipico della zona. L'interno, a pianta a croce latina, si articola in tre navate divise da colonne, ognuna delle quali sorregge archi a tutto sesto con decorazioni settecentesche.

Al centro domina una cupola imponente alta 39 metri, visibile da gran parte del centro storico, decorata da affreschi che raffigurano l'Ascensione e i Dodici Apostoli, attribuiti alla scuola di Giuseppe Tresca, artista molto attivo nella Sicilia orientale dell’epoca. Particolarmente significativa è la presenza di numerose opere provenienti da Occhiolà, tra cui spicca la “Disputa di Santa Caterina d’Alessandria”, custodita all’interno della cappella laterale. Questa tela non è solo una testimonianza artistica, ma un vero ponte emotivo tra passato e presente, tra la città perduta e quella rinata.

Patronato condiviso e festa tra fede e folklore

A testimonianza dell’identità doppia di Grammichele, la città venera due santi patroni: San Michele Arcangelo e Santa Caterina d’Alessandria, entrambi legati alla memoria di Occhiolà. Ogni anno, nei giorni compresi tra il 6 e l’8 maggio, si svolgono solenni festeggiamenti religiosi e civili, che coinvolgono l’intera comunità e attirano numerosi visitatori da tutta la provincia di Catania.

Il momento culminante è la processione per le vie del centro, dove il fercolo di San Michele viene portato a spalla dai devoti in un contesto spettacolare: luminarie artistiche, bande musicali, fuochi pirotecnici e danze popolari, trasformano la piazza esagonale in un teatro all’aperto. Questa festa, oltre a celebrare la fede, rappresenta un vero rito collettivo di memoria e resistenza, in cui si rinnova ogni anno il patto spirituale tra i catanesi e il loro territorio, tra la terra che trema e quella che rinasce grazie alla forza della devozione.

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