L’oro verde dei catanesi: l’oliva gigante, antichissima e segreta che cresce unicamente ai piedi dell'Etna
La Nocellara Etnea è l’oliva gigante dei catanesi: storia, proprietà e segreti di una cultivar secolare che nasce solo ai piedi dell’Etna.

Un tesoro che cresce all’ombra del vulcano
Tra le pendici dell’Etna e i territori fertili della provincia di Catania, si coltiva una delle varietà di oliva più pregiate e meno conosciute d’Italia: la Nocellara Etnea.
Questa cultivar autoctona si distingue per le sue dimensioni eccezionali, la forma rotonda e la polpa consistente dal sapore delicato e fruttato. Cresce in particolare tra i comuni di Biancavilla, Adrano, Belpasso, Paternò e Ragalna, in un habitat che la rende unica al mondo.
Un’oliva da mensa... e da olio
La Nocellara Etnea è una varietà bifunzionale, ovvero viene impiegata sia come oliva da tavola che per la produzione di olio extravergine. La sua polpa carnosa, la buccia resistente e il basso contenuto di amaro e piccante la rendono perfetta per il consumo diretto dopo la salamoia.
Ma non solo: da questa cultivar si ricava anche un olio extravergine d’oliva pregiato, con note leggere e armoniche, ideale per piatti a base di pesce, insalate fresche e verdure grigliate.
Una tradizione secolare radicata nei terreni lavici
La coltivazione della Nocellara Etnea affonda le sue radici nell’antichità, e viene tramandata da generazioni nei piccoli appezzamenti familiari del versante sud-occidentale dell’Etna. Qui, il terreno vulcanico ricco di minerali, il microclima e l’altitudine tra i 400 e i 900 metri sul livello del mare creano le condizioni ideali per questa varietà.
Ogni oliva viene raccolta a mano, per preservarne l’integrità e la qualità, secondo tecniche artigianali che si ripetono da secoli. È un’agricoltura eroica, che resiste al tempo e alla concorrenza industriale, mantenendo vivo un patrimonio rurale tutto catanese.
Una cultivar che rischia di scomparire
Nonostante le sue straordinarie qualità, la Nocellara Etnea non ha la visibilità mediatica della sorella Nocellara del Belice, e non ha ancora ottenuto un riconoscimento DOP o IGP, cosa che limita la sua tutela e diffusione.
Inoltre, la meccanizzazione difficile, il calo della manodopera rurale e i bassi margini economici stanno mettendo a rischio la continuità della coltivazione. Solo negli ultimi anni, grazie a iniziative di piccoli produttori, presìdi locali e mercati a km zero, si è avviato un lento ma crescente recupero di interesse verso questo prodotto identitario.