Non era un re, ma governò la Sicilia | Chi era davvero quest’uomo diventato simbolo di un popolo
Una figura che ha lasciato un segno profondo nella storia dell’isola, amata dal popolo e temuta dal potere. Scopri la vicenda che lo rese leggenda.

Un comandante senza corona: l’uomo che cambiò il destino della Sicilia
«Ignoto fino al suo settantesimo anno agl’italiani, divenne improvvisamente uno dei loro idoli»: così lo descriveva Il Messaggero nel 1929. Eppure, Ruggiero Settimo non era un sovrano, né cercava una corona. Era un militare, un patriota, e soprattutto un simbolo.
Nato a Palermo nel 1778, in una famiglia aristocratica, si avvicinò al mare prima ancora che alla politica: a tredici anni era già in Marina. Combatté i barbareschi, servì la Corona borbonica, poi lasciò la carriera per problemi di salute. Ma il destino aveva altro in serbo.
Dalla Marina alla politica: l’inizio di una nuova battaglia
Il suo nome iniziò a circolare negli ambienti politici nel 1812, quando gli inglesi imposero a Ferdinando una nuova Costituzione. Settimo fu nominato ministro di Guerra e Marina e dimostrò subito fermezza e competenza. Tuttavia, quando la Costituzione fu abrogata, lui si dimise.
Dopo un’apparente uscita di scena, tornò sotto i riflettori nei moti del 1820. Partecipò al governo provvisorio di Palermo e firmò l’atto di soggezione al re. Quel gesto gli costò l’odio dei liberali, che non dimenticarono.
Un ritorno inatteso e una rivoluzione scoppiata all’alba
Nel 1848, mentre il re festeggiava il compleanno, a Palermo scoppiava una rivolta che avrebbe cambiato tutto. Ruggiero Settimo, settantenne, divenne il volto della rivoluzione siciliana. I suoi discorsi infiammarono la piazza:
«Siciliani! La nostra guerra è legittima… Viva la Sicilia! Viva i nostri fratelli italiani!»
Fu nominato presidente del governo indipendente del Regno di Sicilia. Ma la sua visione andava oltre il localismo: cercava un equilibrio tra autonomia e unità.
Un regno senza re e il peso delle scelte
Dopo aver dichiarato decaduta la dinastia borbonica, Settimo tentò la strada diplomatica, dialogando con Francia e Regno Unito. Ma la proposta di assegnare la corona al duca di Genova fallì. Il regno si trovò senza guida, travolto da lotte interne, crisi finanziarie e assenza di un esercito regolare.
Nel 1849, i borbonici riconquistarono la Sicilia con violenza. Settimo fu escluso dall’amnistia e costretto all’esilio.
L’esilio a Malta e l’ultima battaglia per l’unità
A Malta, accolto con onori, divenne riferimento per gli esuli politici. Lontano dalla Sicilia, si avvicinò alle idee unitarie. Quando Garibaldi sbarcò a Marsala, Settimo esultò. Si rammaricò solo di non poter tornare per contribuire di persona.
Nel 1861 fu nominato presidente del Senato del Regno d’Italia, ma non poté mai occupare la carica: la salute lo costrinse a rimanere a La Valletta, dove morì due anni dopo.
Oggi il suo nome è scolpito nelle piazze e nei cuori di chi crede che la libertà non abbia bisogno di corone. Solo di uomini pronti a combattere per essa.