A iatta ca non po’ arrivari o pummuni rici ca feti’: il proverbio catanese che inchioda chi rosica!

Un detto catanese dal sapore antico che racconta, con ironia tagliente, come si trasforma il desiderio in critica quando qualcosa è fuori portata

A cura di Simona Lo Certo
27 giugno 2025 10:32
A iatta ca non po’ arrivari o pummuni rici ca feti’: il proverbio catanese che inchioda chi rosica! -
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A iatta ca non po’ arrivari o pummuni rici ca feti: il detto catanese che racconta l’invidia meglio di mille parole”

A Catania, le parole non si sprecano: si scolpiscono, si colorano e spesso si incorniciano sotto forma di detti popolari che attraversano generazioni con la leggerezza di una battuta e la saggezza di un nonno. I catanesi, con la loro parlata vivace e spesso teatrale, usano questi proverbi come strumenti di giudizio, ironia o semplicemente per commentare la vita quotidiana. Sono espressioni cariche di significato che sanno essere taglienti, affettuose o illuminanti. E tra queste perle linguistiche ce n’è una che non passa inosservata per la sua simpatica crudezza: A iatta ca non po' arrivari o pummuni rici ca feti”.

Quando il fegato… puzza solo per chi non può mangiarlo

 Questo detto, tipico della tradizione catanese (e non solo!), affonda le sue radici nella cultura popolare e prende forma da un’immagine ben chiara: una gatta, attratta dal profumo del fegato (o “pummuni), si rende conto che non riesce a raggiungerlo. E cosa fa? Si convince – o meglio, finge – che il fegato puzzi, che non ne valga la pena. È un modo sagace e un po’ canzonatorio per indicare quelle persone che, di fronte a qualcosa di desiderabile ma irraggiungibile, iniziano a sminuirlo o a parlarne male, spesso per mascherare la propria invidia o frustrazione. A Catania, questa frase viene pronunciata con un sorriso sornione o con quel tono complice che solo chi conosce bene certi meccanismi umani può usare.

La critica come autodifesa (ma con stile)

 Il bello del detto sta nel modo in cui i catanesi riescono a fotografare, con ironia disarmante, un atteggiamento molto diffuso: criticare ciò che non si può avere. Lo fanno senza retorica, ma con quella spontaneità pungente che li contraddistingue. A volte si tratta di amore, altre di lavoro, successo o semplici cose quotidiane. In fondo, dire che “il fegato puzza” è un modo per proteggere l’orgoglio, per nascondere un desiderio frustrato sotto il tappeto dell’indifferenza apparente. Ma a Catania, si sa, nessuno si prende troppo sul serio: e anche la critica, quando è condita con un proverbio così, diventa parte di una commedia umana raccontata con eleganza, sarcasmo e un’irresistibile dose di verità.

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