"Finiu A tri tubbi", origine e significato di una tipica espressione catanese

Sai cosa significa finire "a tri tubbi"? Se lo sai, vuol dire che sei un catanese verace. Ecco l'origine di questa antica espressione catanese

A cura di Simona Lo Certo
28 marzo 2024 01:00
"Finiu A tri tubbi", origine e significato di una tipica espressione catanese
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“A tri tubbi”, il modo di finire una cosa a Catania

Quando a Catania si chiede a qualcuno “Comu finiu?”, ci si aspetta di ricevere come risposta “A tri tubbi” e di vedere sul volto del proprio interlocutore un’espressione che indica una certa rassegnazione.

Il catanese è davvero abituato ad usare questa tipica espressione locale e quotidianamente risponde così a chi gli domanda l’esito di una situazione di cui si era parlato in precedenza o semplicemente si rivolge a lui per chiedergli come sta procedendo la sua giornata.

Sebbene la maggior parte dei catanesi è abituato ad usare questa espressione quando una situazione non è andata come sperato, solo pochi di essi conoscono l’origine curiosa di questo antico detto, risalente ai primi anni del 1900.

Se sei interessato, continua a leggere e scopri perché si dice “Finiu a tri tubbi!

Qual è l’origine del detto “finiu a tri tubbi”?

Durante i primi anni del Novecento, le Ferrovie dello Stato fecero costruire il piroscafo Città di Catania, che era noto a tutti come “la tre tubi” perché fornito di tre comignoli dai quali fuoriusciva il fumo della combustione.

Inizialmente creata per trasportare passeggeri, nel 1912 la tre tubi venne utilizzata nella Prima guerra mondiale e solo successivamente adibita all’erogazione di servizi postali di linea.

Nel 1939 la Regia marina riconvertì il piroscafo per scopi militari e gli conferì una colorazione mimetica, che sebbene lo rese meno identificabile, non servì ad evitargli l’attacco da parte del sommergibile inglese HMS Unruffled, che il 3 agosto del 1943, lo affondò al largo della città di Brindisi.

Erano solo le 5.33 del mattino, quando il piroscafo Città di Catania salpò da Durazzo per dirigersi verso Brindisi con a bordo 407 passeggeri civili e militari e 105 membri dell’equipaggio tutti civili. Dopo qualche ora di navigazione, vicino alle coste pugliesi, la nave venne colpita dai siluri lanciati dal sommergibile inglese, colpendola sul lato sinistro e provocandole la rottura della chiglia, che lo spezzò in due parti e lo fece affondare in due minuti a 8 miglia per 40°, generando la morte di 49 membri dell’equipaggio, compreso il comandante e di 207 passeggeri.

Da allora quando si vuole riferire l’esito negativo di una situazione si usa l’espressione “finiu a tri tubbi”, proprio per far riferimento alla drastica fine toccata al piroscafo Città di Catania.

Sembra che questa non sia l’unica versione circa l’origine dell’espressione “finiu a tri tubbi” e che ne esista almeno un’altra: scoprila dopo la foto tratta dal sito Internet “La voce del marinaio” nella quale è visibile la Regia nave Città di Catania.

Un’altra versione racconta che…

L’espressione “a tri tubbi” sia ricollegabile alla nave che conduceva i siciliani migranti verso le Americhe, fornita anch’essa da tre comignoli dai quali usciva il fumo da combustibile.

Facendo riferimento a questa caratteristica delle navi, le mogli che restavano in patria e i cui mariti si dirigevano in America alla ricerca di una nuova vita lontano da casa rispondevano “a tri tubbi”, proprio perché non avevano più alcuna notizia dei coniugi.

In questo caso, l’accezione dell’espressione sottolinea la perdita di speranza piuttosto che l’esito negativo, visto che, in molti casi, i mariti emigrati riuscirono a trovare fortuna!

In ogni caso, ancora oggi, l’espressione “a tri tubbi” crea quel senso di attesa, che solo il vero catanese sa gestire con il suo modo di fare e cambiando semplicemente discorso.

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